20/07/12

Liverpool Trip - Part II

27 Giugno

Mi sveglia un refolo pungente che filtra da sotto la finestra lasciata aperta. Strizzo gli occhi, cercando di mettere a fuoco la realtà. E finalmente realizzo che il sonno indisturbato non è stato un sogno. Sorrido. E mi assopisco nuovamente per alcuni minuti.
Doccia. Prepararsi. Scendere per la colazione.
Sento Angela e "Farmer" John far rumore in cucina e parlare, parlare, parlare. Mi accomodo nel piccolo salotto abbellito da tappeti, piatti in porcellana decorata con scene di caccia alla volpe, piccoli dipinti di animali appesi alle pareti. 

Giusto un colpo di tosse per avvertire della mia presenza, ed ecco che Angela esce prontamente dalla cucina e mi saluta. E’ una donna sulla cinquantina, capelli biondo chiarissimo, occhi azzurri. Aria casalinga, camicia colorata, sorridente. Attorno a lei un lieve odore di miele. Chiede del viaggio, di me, di tante altre cose. Niente male per una che solitamente riceve clientela inglese di passaggio: un giovane italiano deve rappresentare una novità (più un fatto unico direi, dal momento che scoprirò a fine soggiorno di essere stato il primo italiano a passare da quelle parti... ovvio: i turisti italiani vanno tutti a Londra per stare comodi, l'avventura e l'ebbrezza del viaggio basato sui propri piedi sono cose troppo faticose). Mentre parlo Angela traffica in cucina, ed ecco la colazione: nel piatto troneggiano funghi, patate, pane tostato, fagioli, bacon, salsicce. Poi tè, succo d’arancia, vasi colmi di marmellate fatte in casa e cereali.
Profonda sensazione di sconforto: riuscirò a mangiare tutto questo?

Sulla sponda del Mersey dalla parte di Seacombe. Cielo e fiume hanno un colore splendido.

Sono le 9.30 e mi aggiro come una mummia a Seacombe, pronto a prendere il traghetto che mi porterà a Liverpool, sulla sponda opposta del Mersey. Sono oberato e rallentato dal cibo. Se fossi stato in Sardegna sarei morto per arresto cardiaco, ma qui il clima è decisamente più fresco e agevola la digestione. La giornata è piacevolmente nuvolosa; spira una brezza quasi impercettibile durante il tragitto sul fiume, che si confonde all’orizzonte col cielo: entrambi sembrano argento liquido. Ecco il traghetto. Da Seacombe a Birkenhead, sulla stessa sponda del Mersey, e poi via verso il lato opposto.

Lo skyline di Liverpool si staglia contro le nuvole: il maestoso Liver Building con i suoi orologi e la sua pietra chiara, in stile vagamente neoclassico; la cattedrale cattolica e quella anglicana (moderna, tozza, chiara ed avveniristica la prima, deliziosamente scura, gotica e slanciata la seconda) che si fronteggiano qualche isolato più in fondo; il palazzo a righe bianche e rossicce della White Star Company, utero nel quale il Titanic è stato concepito; il Liverpool Museum, dalle linee futuristiche ed ondulate che ricordano un’astronave aliena precipitata per caso in mezzo ai capitelli ionici e alle statue neoclassiche; e ancora più in là gli Albert Docks: uno specchio d’acqua immoto attorniato dai vecchi dock, ora ristrutturati per accogliere pittoreschi negozi e ristoranti. 

Visuale posteriore della cattedrale anglicana. Maestosa.





Un esempio delle potenzialità di Google Translator. Non ho potuto non fotografarlo!

Passeggio senza fretta, parlo con numerose persone, degno di uno sguardo la statua a grandezza naturale dedicata a Billy Fury che ne commemora la morte. Pochissimi giovani in giro: è pur sempre in un giorno lavorativo, e la maggior parte delle persone che vedo sono famiglie con bimbi in libera uscita o coppie di pensionati che si godono la bella giornata; ogni tanto passa qualche scolaresca accompagnata dagli insegnanti.

Notate lo stile classicheggiante della cattedrale cattolica/astronave marziana/tempio scientologista.
Poco male, sono tutti inclini a scambiare due parole e due risate, ed è veramente bello sentirsi dire “G’day” da quasi ogni passante: maschi o femmine, giovani o vecchi, ce l’hanno nel sangue. “G’day!”. “Ti vedo! Ti auguro una buona giornata! Stammi bene! Divertiti!”. Nessun augurio migliore di un trillante “G’day!” fattoci da persone lontanissime ma, in qualche modo, anche incredibilmente vicine.
G’day!”. “G’day!”. “G’day!”. Che bello.
E la giornata vola.

Spettacolare panorama dalla cima della torre campanaria della cattedrale anglicana. Notare il netto contrasto edilizio tra la Old Liverpool e la New Liverpool. In lontananza, il Mersey che sfocia nel Mar d'Irlanda.
 Alle sette di sera ho completato il giro, visitando tutti gli edifici summenzionati e anche il Titanic Museum. Comprare la copia della prima pagina d’epoca del Daily Mirror che reca l’annuncio del disastro è quasi d’obbligo. Torno al terminal traghetti e poi nuovamente a Birkenhead e Seacombe... e poi nuovamente a Liverpool: il Mersey mi ha incantato e ho dimenticato di scendere al mio terminal. Rifare tutto il giro!

Non pensavate che si potesse prendere una Coca-Cola stando comodamente seduti in un bar all'interno della cattedrale anglicana, vero? Nemmeno io, a dire la verità...
Per il finale di serata mi lancio verso Parkgate, sul lato sud del Wirral, presso il fiume Dee (che segna parte del confine col Galles), e dopo una passeggiata di qualche ora decido di rientrare alla base, situata tra West Kirby e Newton. Sono passate le 23.00, ma nel cielo c'è ancora una meravigliosa scia arancione data dalla rifrazione del sole appena tramontato (data la latitudine, dovevo immaginarlo).

Splendido tramonto a Parkgate, ore 21 circa.
Niente cibo per una giornata intera, e ancora non ne sento il bisogno. Esco a fare una passeggiata in strada dopo una doccia rivitalizzante. Campi a destra, sinistra, a perdita d’occhio. Verde ovunque, e l’odore dell’erba falciata permea l’atmosfera. L’asfalto è lucido, nerissimo, perfettamente livellato: non una traccia di buchi, crepe o pessimi lavori di riparazione. Ogni tanto qualche speed bump (sicuramente per dissuadere l’automobilista europeo dalla fortissima tentazione di lanciarsi in un rally spericolato su un tragitto umido costeggiato da steccati e mucche!). In due parole un sogno pedonale. Non ho visto abbastanza e non ho sonno, né fame. Ma non sento più le gambe. E’ meglio tornare in stanza e chiudere gli occhi.

Good night Liverpool.

*Continua*

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