13/08/12

Liverpool Trip - Part III


28 Giugno

Il sole esce alla svelta dalle nuvole qui, perfino prima che in Sardegna: alle cinque c'è già una luce piuttosto diffusa che gioca un brutto tiro al mio orologio biologico facendomi svegliare. E una volta svegli, anche se magari è piacevole rimanere a letto, si fa fatica a riprendere sonno.
Dopo il solito rito di doccia e colazione, mi lancio verso West Kirby. Le gambe tirano un po', ma non sono intenzionato a fermarmi. Passerà. Mi ci abituerò. Porco cane che male ai piedi.

West Kirby è un paesello niente male situato sulla costa ovest del Wirral: quella che, a detta della gente del luogo, possiede i cittadini coi redditi più alti. Ma non aspettatevi Hollywood; gli inglesi hanno un modo di fare tutto loro quando si parla di ostentare la propria ricchezza. E' per questo che mi sfilano davanti tante casucce carine e sporgenti ognuna col suo giardinetto ben curato e, in alcune, giocattoli sparsi sul prato. Mi sembra una cosa così allucinante non avere una recinzione intorno al perimetro domestico. Senza parlare del fatto che non lascerei mai i giochi dei miei figli fuori, alla portata di tutti. E nemmeno la macchina. Ma devo entrare nell'ottica che qui le persone sono tremendamente gentili e civili.

Il lato costiero del paese ha a sua disposizione il cosiddetto Marine Lake, che altro non è se non un bacino lagunare di contenimento (delimitato sul lato interno da una strada che poggia sulla banchina) il quale viene puntualmente invaso durante l'alta marea del Dee e le cui acque subiscono quindi un ricambio giornaliero. In lontananza si intravedono le coste dorate di Hilbre Island.

A sinistra West Kirby e un bacino pieno, a destra l'estuario del Dee in bassa marea.
La giornata è abbastanza ventosa, ma è un vento tiepido molto piacevole che stimola la camminata. Ne approfitto per fare un giretto a piedi tutt'intorno al Marine Lake scattando qualche fotografia e per spostarmi ai Coronation Gardens, che a dispetto del nome sono semplicemente un vasto campo d'erba con qualche pianta e una stramba installazione d'anatre volanti.

Coccodè.
Verso mezzogiorno ho ormai terminato il giro del paesino e fatto un po' di spesa da Morrisons, appropriandomi tra le altre cose di due magnifiche bottiglie di agrissimo lime&lemon juice (che per inciso contenevano appena l'11% di juice). Adesso è ora di una bella scarpinata ecologica attraverso Caldy e zone limitrofe, sino ad arrivare a Thurstaston Hill.

Nota: non so se è per scoraggiare i ladri o per convincere i clienti a non perdere tempo alle casse, ma le giovani cassiere di Morrisons hanno dei visi attraenti quanto un battistrada;

Caldy è, se possibile, ancora più english di West Kirby. Numerose case sono tirate su in pietra rosso scuro così come i muretti dei giardini meticolosamente curati, dove l'erba la fa da padrona e solo ogni tanto invece spicca qualche girasole, qualche lillà, qualche timida bocca di leone. Le strade sono strette ma sempre in ottime condizioni, e ci sono poche vetture in giro. Spostandomi verso Croft Drive East comincio a notare che i redditi si sono improvvisamente alzati, dato che per almeno 45 minuti di camminata non vedo altro che alte staccionate/muri/siepi, entro le quali si intravedono ogni tanto dei fantastici manor e dei cottage con giardini sterminati tutt'intorno. Gli alberi del viale si intrecciano a diversi metri sopra la mia testa per creare un impressionante tunnel vegetale al di sotto del quale la frescura regna incontrastata. E dopo moooooooooooolti altri passi arrivo finalmente a Thurstaston. Porco cane che male ai piedi.

Pare che le passeggiate nei parchi rivestano un ruolo fondamentale nella Wirral bene, perchè incontro diverse persone vecchiacce che vanno qua e là, cinguettando del più e del meno. Il sentiero che seguo, costellato di foxgloves (digitalis purpurea) mi porta verso la cosiddetta Thor's Stone... e appena la vedo rimango un momento deluso: mi aspettavo un qualche tipo di struttura megalitica a mo' di Stonehenge o un menhir isolato e monumentale. Invece si tratta di una gigantesca formazione arenarica talmente scavata ed intaccata dagli agenti atmosferici (specialmente pioggia, direi!) che sembra una gigantesca massa di formaggio fuso. Non è quello che volevo, certo, ma è parecchio pittoresca, ed è coperta di antiche incisioni vichinghe; tra le più importanti ricordiamo "Chris&Sarah 43v3r" e appena sotto "Sarah is me dads whore". Un vero peccato che questo tipo di incisioni coprano TUTTA la superficie della pietra... le prime briciole di inciviltà inglese.

Foxgloves: pregasi infilare il dito, raccogliere il nettare, assaggiare, morire per arresto cardiaco.

Un lato della massiccia Roccia di Thor.
Lascio stare la pietra di Thor e mi dirigo verso il Thurstaston Visitor Centre. Sulla via becco la chiesa parrocchiale di St. Bartholomew, quasi mimetizzata tra gli alberi, al centro di un crocevia solitario. E' un peccato che sia chiusa, ma faccio un giro nel cimitero tutt'intorno, restando piacevolmente sorpreso nel capitare di fronte alla tomba di tale Joseph Bruce Ismay.
C'è un qualcosa di veramente bello nei vecchi graveyard inglesi, ed è il disordine: non vedrete delle sterili muraglie che contengono loculi di morti allineati ordinatamente, ognuno con la sua bella foto. Ammirerete solamente delle lapidi buttate un po' ovunque come piovute dal cielo; un nome e qualche epitaffio. Nuda terra. Semplice. Efficace. Pittoresco... Mica come il cimitero di S. Michele a Cagliari, dove ogni tanto qualche morto si annoia del suo freddo e standardizzato buco di cemento ed esce fuori la notte per giocare qualche tiro ai custodi.

St. Bartholomew e il suo simpatico cimitero.
Arrivo al Thurstaston Visitor Centre e durante una rinfrescante (ed astringente) pausa a base di lime&lemon e sandwich al bacon mi accorgo di due cose, entrambe molto preoccupanti: la prima è che ci sono molti bambini qui, e nonostante siano meno casinisti di quelli italiani sono veramente dei trogloditi quando si tratta di mangiare (parlo di bambini delle elementari; non uno è riuscito a finire il suo sandwich senza contornarsi la bocca di unto... e non parlo di trisomici 21 ma di bambini sani); la seconda è che ci sono delle brutte nuvolacce all'orizzonte. Spero che il vento le porti via.
Due minuti dopo sono sull'orlo della scogliera coperta di prati, a soli trenta metri dal Visitor Centre, e mi godo lo spettacolo dei frangenti del fiume che ribollono e si mischiano con quelli marini e... 
Plic. Plic. Plic. Che palle, piove.
Plic. Plic. Plic. Rumble. Che palle, un tuono.
Plic. Plic. Plash. Fottuta goccia sugli occhiali.
Plash. Plash. Plash. Merda, tante gocce sugli occhiali.
SSSSSSSSSSSSSSSSHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH
Avevo in programma di beccare un po' di pioggerellina inglese, ma questa è a dir poco torrenziale.
Fuggire.
Fuggire alla svelta!

Mi ritrovo all'interno del bird hide, luogo appropriato visto che sono bagnato come un pulcino. Per fortuna dopo dieci minuti d'inferno tutto torna fresco, calma e pace. Ormai ho visto tutto ciò che c'era da vedere qui. Via a Port Sunlight.

Situata nella zona sud-est del Wirral, Port Sunlight è a mio parere uno dei luoghi più singolari. Sono appena le 4 del pomeriggio, il cielo è azzurro, solcato ogni tanto da qualche rara nuvola. Se non fosse che ci sono appena 24°C parrebbe di essere in Sardegna. Mah! Parlando con la gente del posto durante il mio girovagare vengo a conoscenza del fatto che il nucleo urbano si è evoluto intorno all’industria di saponi, che a quanto pare ha fatto girare per bene l’economia del luogo permettendo un florido sviluppo: in effetti a Port Sunlight ogni abitazione ha il suo particolare stile, e non riuscirete a trovarne una uguale ad un’altra nemmeno se lo voleste. Le strade sono meticolosamente pulite ed ordinate, spesso bordate di siepi o fiori (fiori! Fiori, finalmente!); poche vetture in giro, diverse famiglie che escono per la solita passeggiatina inglese nei giardini pubblici... un po’ come a Sarroch, evolutasi intorno alla raffineria petrolifera.
Beh, forse con un’incidenza di tumori minore.

Nella sua semplicità, il War Memorial sembra ancora più maestoso: è solo un obelisco marmoreo su una piattaforma circolare al centro di un grosso incrocio (deserto), ma le statue in bronzo che raffigurano i soldati sembrano vive. Siedo in una panca là vicino, e mi godo per qualche minuto il venticello frizzante che stempera il sole. E riparto nuovamente, zaino in spalla, verso la chiesa. Anche qui, come a Thurstaston, fanno bella mostra di sé un pugno di lapidi ordinatamente disposte nel giardino ecclesiastico, ornate da mazzetti di violette e gerbere. All’interno, la struttura dimostra delle splendide lavorazioni in legno per quanto riguarda soffitto, altare e panche. Tutto il resto è pietra scura, simil-basaltica, che rende l’edificio austero e raccolto. Firmo il registro prima di andare via, e la vecchia al banco d’accoglienza nota che sono italiano; attacca bottone, e resto intrappolato in una piacevole conversazione per diversi minuti. Porco cane che male ai piedi.

Ve l'avevo detto che sembravano vivi.
 
Tranquillo, ombroso, pacifico, rilassante.
Il prossimo obiettivo è la Lady Lever Art Gallery, un’elegante costruzione che sorge alla fine di un viale alberato coperto di rose: qui a Port Sunlight ho visto in un pomeriggio tutti i fiori che non ho visto altrove (nemmeno a Thurstaston!). Non basterebbero dieci pagine per descrivere tutte le tele e i manufatti al suo interno. Diciamo solo che è stato puro brainstorming in un ambiente perfettamente idoneo alla riflessione e all’osservazione. Il tutto senza pagare un pence di biglietto. Eh sì, branco di italiani lamentosi ed ingrati, avete compreso bene, è tutto assolutamente gratis. Sta a voi lasciare del denaro come donazione (cosa che ho fatto molto volentieri l’ultimo giorno, ringraziando il National Fund con una donazione da trenta sterline che ha lasciato esterrefatta la guardia museale, con la quale ho tra l’altro avuto una lunga conversazione).

La fenomenale (e soffocante!) distesa di rose che continua sino alla Lady Lever Art Gallery.
Alle 18.00 esco dalla galleria e continuo con un rapido giro del paese. Il saponificio è cinto da un alto muro in mattoncini rossi e sembra chiuso fuori dal tempo, nonostante sia possibile notare ogni tanto qualche ciminiera e qualche insieme di tubazioni che si stagliano contro il cielo.

Un’ora dopo sono di nuovo sulla strada di casa, quando vengo assalito da un attacco di fame: il mio corpo ha evidentemente imparato a gestire la corposa colazione del mattino, e ora vuole altro cibo. Detto fatto. L’Acorn Pub sembra un ottimo posto, e una volta al suo interno mi faccio spillare una limonosa pinta di Largo mentre attendo il mio fish&chips che... eccolo. All’arrembaggio!
Mi faccio coraggio e innaffio d’aceto il pesce e le patate, constatando che in effetti è ottimo. Mi deludono invece i piselli, che mancano di sapore. Finita la cena, gambe in spalla e via verso la camera. E la doccia. Che mi rivitalizza abbastanza per un’ultima passeggiatina nella strada che dal bed&breakfast porta a Newton.
Poi mi arrendo definitivamente, faccio marcia indietro e muoio a letto. 

La strada per Newton, appena al di fuori del mio b&b. Sono le 21.30-22 e c'è ancora MOLTA luce.

Porco cane che male ai piedi.

*Continua*

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